Francesco Socal, un clarinetto klezmer in piazza San Marco

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INTERVISTE STORIA, ARTE E CULTURA

Francesco Socal, un clarinetto tra piazza San Marco e il klezmer

Socal al caffè Quadri (Foto Di Chiara Becattini)

Per un musicista trovare  uno strumento che non suonano in molti ed un genere altrettanto poco comune da sentire, è un segno di forte personalità. Quella che senza dubbio non manca a Francesco Socal.
Nato a Venezia nel 1982, si è diplomato in clarinetto al conservatorio Marcello di Venezia e si è specializzato in quello di Castelfranco Veneto, spaziando poi tra musica classica, contemporanea, improvvisata, klezmer e cantautoriale. Attivo in varie formazioni, ha suonato e inciso con Minimal Klezmer, Don Ciccio Philarmonic Orchestra, Mocambo Swing, Luca Ferraris, Diplomatico & Collettivo Ninco Nanco. Dal 2011 Socal milita nella 121 St.Mark Band del Caffè Quadri in Piazza San Marco. Ideatore del format “Power Acoustic Sunday”, tra il 2010 ed il 2018 ha organizzato nel veneziano numerose serate tra musica, improvvisazione e performance. Dal 2009 tiene un laboratorio per ragazzi sulla musica Klezmer per il festival Gioie Musicali di Asolo ed attualmente è coinvolto nel progetto della nuova Hybrid Marching Band per il Comune di Venezia.    

Cosa significa oggi per te essere un musicista veneziano, con studi ed esperienze nella città di Vivaldi, del conservatorio e della Biennale?

Sentimenti contrastanti. E’ chiaro e comprensibile che Venezia viva di turismo e grandi eventi, ma culturalmente si è impoverita, salvando solo la facciata e non quel tessuto creativo e propositivo che fa realmente grande, viva e completa una città d’arte. Non so se questo processo di impoverimento sia reversibile, chiaramente lo speriamo tutti. 

Socal Clarinetto Foto Biemmezeta
Francesco Socal al clarinetto (foto Biemmezeta)

Al conservatorio ti sei specializzato in clarinetto; non è uno strumento facile, né “di moda”, vuoi parlarne?

La passione per la musica è nata grazie ai classici concertini dimostrativi nelle scuole e poi sostenuta fortemente dalla famiglia. In verità mi ero innamorato anche del corno, ma sarebbe stato complicato approciarlo, il clarinetto era più a portata di mano e adesso che suono vari generi posso dire che mi è andata bene. 

Come è nata e si è sviluppata l’originale idea di un gruppo imperniato sulle musiche da matrimonio ebraiche?

Se parliamo dei Minimal Klezmer, per noi il klezmer è molto più di questo. E’ una musica tra il sacro e la festa, che ognuno di noi ha scoperto da giovanissimo, appassionandosi e provando a suonarla ispirandosi alle affascinanti raccolte di registrazioni “vintage” che sono arrivate a noi. E’ in effetti un genere di origine popolare che si è sempre trasformato e a noi piace far parte di questo progetto di trasformazione. Sicuramente siamo più creativi che filologici e nel nostro ultimo lavoro pubblicato nel 2023 per Caligola abbiamo inserito molti brani originali. 

Minimal Klezmer Cover
La copertina del cd Minimal Klezmer del 2012

Parlaci dell’esperienza nell’orchestra del Gran Caffè Quadri, uno dei pochi locali dove c’è ancora la tradizione dei Cafè Concerto con strumenti acustici…

Penso che la tradizione del Cafè Concerto, per come ancora resiste in piazza San Marco, con quattro caffè attivi con relative orchestre che si contendono la platea a suon di musica, sia estremamente sottovalutata, un valore aggiunto senza prezzo per Venezia. Suonare al Cafè Concerto è un lavoro raro e per nulla facile: servono resistenza, mestiere, capacità di adattamento. Sono fortunato a lavorare per la famiglia Alajmo, che ci sprona ad essere vari ed aperti, e anche ad avere un gran gruppo vario e cangiante, in cui sappiamo divertirci. 

Nel tuo curriculum ci sono molte e diverse esperienze musicali; oltre a quelle citate, quali quelle a cui sei più legato?

A Venezia fino a pochi anni fa potevi ascoltare per strada grandi musicisti come gli ungheresi Szőke Szabolcs e Daniel Vaczi. E’ stato arricchente conoscerli, suonare con loro e conoscere la Budapest musicale. 

Socal Clarinetto Foto Ilaria Zambon
Socal nel corso di un suo concerto (Foto di Ilaria Zambon)

Ti sei occupato anche di organizzazione in alcuni locali, come Argo 16 di Marghera (dove sei stato presidente)  e il Flat di Mestre, è difficile lavorare “dietro le quinte”?

Il Flat di via Einaudi era un locale bellissimo, mentre riguardo Argo16 sono uscito dall’organizzazione, rimanendo convinto sostenitore.  Io farei un discorso generale. Nell’era del digitale abbiamo certamente dei vantaggi, facile accesso ad un sacco di informazioni e possibilità di conoscere e coltivare le proprie specificità. Tuttavia Internet ha rimodellato la socialità ed i luoghi che vogliono legare cultura ed aggregazione hanno ora un concorrente che vince sempre e vince facile. Quindi un luogo che voglia proporre qualcosa di diverso da un bene di larghissimo consumo, ma che voglia proporre per esempio teatro o musica, invece che solo birra e panini, nell’epoca attuale non sta facendo i propri interessi. Fa un atto filantropico a perdere, spesso autolesionista e quasi sempre purtroppo nemmeno capito, a volte nemmeno tra gli addetti ai lavori. Le istituzioni non aiutano e se possono ostacolano, la burocrazia mette i bastoni fra le ruote (Siae in primis purtroppo), ed in conclusione sosterrò sempre quei luoghi che tra mille difficoltà resistono e che rendono la vita un po’ meno noiosa ed omologata.

Che progetti ci sono nel futuro musicale di Francesco Socal e cosa vorresti ancora sperimentare?

Quando è esploso il Covid ho tirato fuori il sax e ho ripreso a studiare, cosa che faccio tuttora e che riempirà le mie giornate ancora per un bel po’. Sto arricchendo i miei colori e la mia consapevolezza, poi da cosa nascerà cosa. 

(La foto di copertina è di Chiara Becattini)

Francesco Socal, un clarinetto tra piazza San Marco e il klezmer ultima modifica: 2024-02-05T16:38:28+01:00 da Gigi Fincato

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