Gino Rossi. Forse ad alcuni di voi questo nome non dirà molto. Però Gino Rossi, nei primi del Novecento, fu uno dei protagonisti dell’arte moderna italiana. Il tutto avviene a Venezia, più precisamente a Ca’ Pesaro. E’ proprio qui che è stata inaugurata una nuova mostra, che restituisce la storia e l’arte di un artista che non può essere dimenticato. Due sale da poco restaurate ospitano una selezione di opere di Gino Rossi. Non molte a dire il vero.
Gino Rossi a Venezia
Curata da Luca Massimo Barbero ed Elisabetta Barisoni, Gino Rossi a Venezia restituisce la forza dell’innovazione nata e cresciuta a Ca’ Pesaro dal 1908 fino ai primi anni Venti, quando ospitava opere di giovani talenti. Gino Rossi (Venezia, 1884 ‒ Treviso, 1947) era uo di quei pittori “giovani ribelli” che, nel primo Novecento, avevano trovato proprio qui non solo un rifugio ma un luogo da cui farsi conoscere. Fino al 20 maggio potrete ammirare le opere, quei ritrattid egli ultimi e dei reietti che lo hanno fatto conoscere.
Un pittore inquieto figlio del suo tempo
Gino Rossi nasce a Venezia. Si trasferisce a Parigi nel 1907 insieme all’amico Arturo Martini. Qui conosce alcune delle più importanti esperienze artistiche del tempo, come la poetica cubista e i Fauve. Torna a Venezia quando Nino Barbantini, diventa a soli 23 anni, direttore della Galleria d’Arte Moderna e Segretario della neonata Opera Bevilacqua La Masa. Proprio Barbantini inizia a promuovere la sede di Ca’ Pesaro come un luogo aperto alle tendenze più recenti dell’arte italiana. Il tutto con una visione antiaccademica e antitetica. E’ proprio da questi presupposti che nasce a Ca’Pesaro l’arte moderna italiana. Qui espongono artisti come Felice Casorati, Umberto Boccioni, Pio Semeghini, Arturo Martini. E dal 1910, anche Gino Rossi. Attraverso i suoi ritratti degli ultimi e dei reietti, o con la sublimazione del colore nei paesaggi onirici della laguna veneta, Rossi emerge ben presto per il suo violento e irreversibile abbandono dell’accademismo. Ma anche per il ritorno ad un’espressività originaria. Lontano dalla leziosità di tanta arte dei primi anni del Novecento, in aperta contrapposizione con l’estetica decadente di molti suoi contemporanei.