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Il Salon de la Rose+Croix, simbolismo mistico alla Guggenheim

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Sono le musiche di Erik Satie e Richard Wagner, quelle stesse che animarono i Salon de la Rose+Croix ad accompagnare il percorso della bella mostra “Simbolismo mistico. Il Salon de la Rose+Croix a Parigi 1892-1897“, appena aperta alla Fondazione Guggenheim di Venezia dopo un primo passaggio al Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Ed è la pittura simbolista la protagonista di questo appuntamento autunnale. Questo a pochi mesi (era lo scorso giugno) dall’insediamento della nuova direttrice Karole Vail, nipote della grande mecenate americana che aveva scelto Venezia come sua città di adozione. “Questa è la prima mostra – ha sottolineato la Vail – dedicata da un museo ad un tema così specifico e ancora oggi così poco approfondito. Un contribuito fondamentale allo studio del simbolismo“.

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Orfeo, di Jean Delville

L’eredità del simbolismo

La rassegna è una proposta di grande fascino. Una finestra aperta sulle opere esposte nei sei Salon parigini organizzati dall’eccentrico autore rosacrociano Joséphin Péladan (1858-1018) a fine Ottocento. Opere figlie di un simbolismo che mescolava atmosfere trascendenti, mistiche, spirituali.

Le opere in mostra ripercorrono, sala per sala, temi e immagini dell’epoca. Femme fragile e femme fatale. Creature androgine, chimere e incubi. Il mito di Orfeo, il simbolismo dei fiori come il giglio e la rosa rossa, le croci. Un percorso artistico molto ben allestito e che dà spazio ad una quarantina di opere di artisti noti e meno noti. Antoine Bourdelle, Rogelio de Egusquiza, Jean Delville, Charles Filiger, Fernand Khnopff, Charles Maurin, Alphonse Osbert, Armand Point, Georges Rouault, Carlos Schwabe, Alexandre Séon, Jan Toorop, Ville Vallgren e Félix Vallotton. Un invito a guardare con occhi nuovi l’eredità lasciata dal simbolismo di fine Ottocento.

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La locandina originale del Salon

Il Salon de la Rose+Croix

Tra il 1892 e il 1897 i  Salon di Pèladan, con le loro mostre annuali, divennero ben presto una sorta di crocevia cosmpolita. Qui esponevano artisti fortemente legati al simbolismo vero e proprio. Altri (Maurin, Vallotton) con ideologie divergenti e con tematiche non sempre in linea con il fil rouge dei Salon de la Rose+Croix.  Ma le loro tecniche di pittura molto particolari furono probabilmente – come ha sottolineato la curatrice Vivien Greene – un lasciapassare in un ambiente dove qualche volta si poteva anche trasgredire.

Tra le circa quaranta opere in mostra,  le due belle litografie che aprono la rassegna. Il manifesto per il primo Salon di Carlos Schwabe (1892) e la Beatrice di Aman-Jean (1892-93). Il disegno L’idolo della perversione di Jean Delville (1891), immagine di una vera e propria “sposa del male”, appartenente ad una collezione privata e che non veniva esposta al pubblico da decenni. Il bellissimo La passante, olio su tela di Alexandre Séon (1895), una femme fragile, delicata immagine di donna con chiari riferimenti alla pittura di artisti del primo Rinascimento quali Sandro Botticelli e Beato Angelico. Chiude la rassegna il quadro di Jan Toorop La nuova generazione (1892). Un olio su tela che propone tanti temi diversi. Una foresta magica dove convivono elementi legati alla contemporaneità ed elementi più vicini alla pittura simbolista come il salice piangente (simbolo di un passato malinconico), il serpente, il drago.

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La nuova generazione di Jan Toorop

Meritano un cenno tutto particolare le straordinarie cornici delle opere: in gran parte originali e strettamente legate all’epoca. Un interessante sottocapitolo assolutamente da non trascurare.

La mostra, aperta fino al 7 gennaio 2018, è accompagnata da un ricco catalogo e da una serie di programmi collaterali fra cui anche un concerto alle Sale Apollinee del Teatro La Fenice con musiche (di Erik Satie) legate ai Salon.

Informazioni Fondazione Guggenheim di Venezia

Il Salon de la Rose+Croix, simbolismo mistico alla Guggenheim ultima modifica: 2017-11-10T13:04:14+01:00 da Cristina Campolonghi

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