Un universo fotografico che racconta “lo stato delle cose”, spesso sotto la loro essenza più malinconica. Ed è un senso di tristezza quello che si respira osservando le oltre quattrocento fotografie di Graziano Arici esposte per la prima volta in Italia alla Fondazione Querini Stampalia dopo una prima tappa al Museo Réattu di Arles. “Ma questo è il mondo – spiega Arici – Sono tutte foto che ho fatto soprattutto per me stesso, ed esprimono quello che ho visto”. Aggiunge: “Mostrare le cose e rendersene conto, vedere al di là di quello che si vede”.
Eppure, in questa ricca e particolare carrellata fotografica che ripercorre cinquant’anni di vita e di professione, dal 1979 al 2020, Graziano Arici fotografando ha visto e letto la tristezza quasi come un monito: “Dal monito – è sempre lui a parlare – nasce la positività”. Quasi che le immagini della tristezza avessero e volessero avere un senso educativo. Ricorda l’artista che “L’ottimismo guardando il mondo aiuta a capirlo e a cambiarlo”.
“Graziano Arici. Oltre Venezia ‘Now is the Winter of our Discontent’” racconta per immagini più di quarant’anni di scatti. “E’ l’Inverno del nostro Scontento”, frase che apre il monologo del Riccardo III di Shakespeare per rappresentare lo stato del mondo. E una carrellata sul mondo sono le immagini esposte alla Querini. Rappresentano “lo stato delle cose” in Albania così come in Inghilterra, Bosnia-Erzegovina, Spagna, Stati Uniti, Francia, Georgia, Italia, Kazakistan, Russia, Slovacchia, Svizzera. Raccontano storie. Sia quando ritraggono l’uomo che quando fanno parlare le cose, gli sfondi, gli ambienti ritratti in ogni singola immagine. Nelle foto di Graziano Arici il Carnevale di Venezia si fa cupo, inquietante, con immagini di grande intensità inquadrate dal basso, espressione di uno sguardo critico. Anche questo “E’ l’Inverno del nostro Scontento”.
Un progetto espositivo presentato ad Arles e riproposto ampliato a Venezia
Quella in mostra alla Querini Stampalia è una rassegna fotografica per capitoli. Arici affronta la malattia mentale proponendo negativi fotografici su lastre di vetro rinvenuti nel veneziano manicomio dismesso di San Servolo. Rielabora fotografie di se stesso bambino ritrovate negli album di famiglia, un’esplorazione sul posto dell’individuo e sulla sua relazione con il mondo. Propone un “Grand Tour” molto personale attraverso l’Italia, con uno sguardo disincantato che non lascia spazio all’indulgenza. Vediamo le atrocità della guerra a partire da immagini trasmesse in televisione e direttamente “catturate” con una fotocamera digitale che si prestano a una doppia interpretazione: sulla deriva del mondo e sul modo in cui siamo inondati da immagini violente. Si affiancano a drammatici ritratti di senzatetto.
Solo alcune pillole di un progetto espositivo che amplia i contenuti della mostra di Arles e rende omaggio anche a Venezia. Con scatti sulla città lagunare e i personaggi che l’hanno resa celebre dal 1971 ad oggi, attraverso tre video che raccolgono e mostrano al pubblico una cospicua selezione dell’archivio del fotografo conservato alla Fondazione Querini Stampalia. Nel 2017 Graziano Arici ha donato alla Querini oltre un milione e mezzo di immagini. Gran parte del suo lavoro ma anche migliaia di foto, stampe e decine di migliaia di negativi di ritratti e immagini della cultura internazionale a Venezia precedenti l’inizio dell’attività del fotografo che è nato nella città lagunare nel 1949 e che dal 2012 vive ad Arles.
La mostra (a cura di Daniel Rouvier e Ariane Carmignac) è corredata dal catalogo francese Graziano Arici “Now is the Winter of our Discontent “. Con un inserto che propone i testi introduttivi e i saggi in lingua italiana. Resterà aperta fino al primo maggio.
(immagini: proprietà Anna Battistella)
