Mi è capitato spesso, passeggiando per le calli, di incontrare qualche gatto a Venezia, che, incurante delle orde di turisti se ne stava placido su qualche vera di pozzo. Oppure di accarezzare qualche gatto semidormiente in una vecchia merceria, tra file di bottoni e cerniere. Per un certo periodo un gatto lo ho avuto anch’io, il buon vecchio Varechina che amava così tanto vivere con noi studenti! Il rapporto tra Venezia e i suoi gatti è antico, questo articola vi racconta ieri ma soprattutto l’oggi. Perchè i gatti veneziani miagolano sempre meno. E se ci pensiamo bene i gatti servono a Venezia e Venezia è la città che più sembra a misura di gatto.
I gatti e Venezia: un amore lungo i secoli
Sarà che è un parente stretto del leone. O perchè ci sono sempre stati problemi con i topi, ma a Venezia il gatto è un animale davvero amato. Ne sono la prova le innumerevoli storie legate proprio ai gatti. Prediamo ad esempio il doge Francesco Morosini che si portava dappertutto, anche in guerra il la sua amatissima gatta (o gatto a seconda dei documenti!). Sempre un gatto fu l’unica vittima del crollo del campanile di San Marco il 14 luglio 1902!
Le ciurme dei gatti
Al tempo della Serenissima, nei lunghi viaggi verso l’Oriente, i gatti venivano usati come difesa contro i ratti. Il gatto veneziano, autoctono o importato dall’oriente, era considerato un animale di pubblica utilità e come tale era rispettato e curato. Verso la fine del XIII secolo, i gatti erano imbarcati, e annotati nei registri di bordo, come assicurazione e protezione dall’assalto dei roditori, con un marinaio incaricato della loro cura. Pensate che il loro lavoro contro i topi a bordo era talmente importanti da essere considerati dei veri e propri portafortuna. Quando a Venezia arrivo la peste, furono importati dalla Palestina e dalla Siria i gatti soriani, una razza molto aggressiva. Ma ormai era troppo tardi e la peste dilagò in un lampo.
Ninni, il gatto del Caffè dei Frari
Tra le storie sui gatti la più curiosa riguarda Ninni il vanto di Antonio Borgato, che assieme alle figlie gestiva il Caffè Toppo o dei Frari, un locale a due piani che tuttoggi è ancora un ounto di ristoro. Ninni, un soriano, era una vera e propria attrazione turistica della zona. Nel Caffè esisteva addirittura un libro d’onore utilizzato per raccogliere le firme di quanti si recavano a vederlo. pensate che tra gli autografi spiccava quello dello zar Alessandro III, che durante una visita veneziana, uscendo dal vicino Archivio di Stato si recò nel locale per un rinfresco. Ninni morì nel febbraio del 1894. La sua morte fu celebrata con il conio di un medaglione ricordo nel quale assieme all’effige del felino e all’anno stava scritto “A Ninni di Antonio il secolo dei monumenti”. Tra le poesie dedicategli in quella giornata, è giunto fino ai giorni nostri un sonetto intitolato Il gatto del Caffè dei Frari.
La tutela dei gatti a Venezia
Da molti secoli i Veneziani rispettano e amano i gatti. Tra città antica e terraferma sono infatti numerose le colonie feline. Così come sono numerose le associazioni e i volontari che si dedicano alla loro cura e tutela. Nel 1964 giunge per la prima volta a Venezia Helena Sanders. Una grande zoofila britannica, che decide di aiutare i gatti veneziani lanciando una campagna di aiuti internazionali. Nasce così il “Gruppo angloveneziano per la difesa degli animali randagi, Dingo” dal nome del primo cane salvato dal randagismo. Con l’aumentare del lavoro, il gruppo si suddivide in “Dingo” che si concentra sul randagismo felino e “Lega per la difesa del cane, sezione di Venezia”. Oggi Dingo gestisce il Gattile di Malamocco, contribuisce all’assistenza della grande colonia felina di Forte Marghera, assiste e protegge i gatti randagi delle colonie del centro storico di Venezia, delle isole lagunari abitate e della terraferma.