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La forchetta, ovvero il diabolico attrezzo di peccato e perdizione

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Il “piron“, ovvero la forchetta, sembra essere un’invenzione bizantina. E furono proprio le principesse di Costantinopoli a diffondere l’uso di questa posata, prima a Venezia e poi nel resto dell’Europa. Ma il “piron” era considerato uno strumento demoniaco non decoroso come le tre dita regali …

L’ultimo nato della famiglia delle posate

Il “piron” con le varianti “pirona”, “pironela” e “piru” (friulano), è un temine che deriva direttamente dal greco antico “peronion”.  Stiamo parlando della forchetta, nelle varie taglie. Prima della forchetta si mangiava con le mani imbrattando per bene vesti, tovaglie e tovaglioli. Fu così fino a tutto il medioevo.

Le ricche famiglie romane non usavano la forchetta per prendere il cibo, ma si facevano servire le pietanze già preparate dalla servitù. I cibi venivano tagliati con un coltello e trattenuti per mezzo di una “lingula” o “ligula”, un attrezzo a due punte derivante dall’imbroccatoio (uno spillone con una sola punta).

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Una forchetta bizantina

La forchetta da tavola, nelle versioni a due e a tre punte, sembra sia un’invenzione bizantina. Dal X secolo veniva comunemente utilizzata nell’odierna Istanbul. Una forchetta a tre punte, reperto archeologico esposto al Metropolitan Museum di New York, prova l’utilizzo di una forchetta a tre punte da parte dei bizantini. È un oggetto molto raro, dal momento che per diversi secoli i rebbi furono solamente due.

La nuora del doge

Nel 1004, la principessa Maria Argyropoulaina, figlia diciassettenne del principe bizantino Argiro, sposò il ventenne Giovanni Orseolo figlio del Doge Pietro II°. Le nozze furono celebrate a Costantinopoli e dopo pochi giorni gli sposi giunsero a Venezia per i festeggiamenti. Durante il banchetto, mentre tutti mangiavano con le mani, la principessa si portò scandalosamente alla bocca il cibo con un “piron” d’oro a due rebbi.

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Theodora, la principessa bizantina che diffuse l’uso della forchetta, ovvero il “piron”

Il doge santo e la moglie beata

Pietro I° Orseolo fu il 23° doge della Repubblica di Venezia, padre di Pietro II° Orseolo 26° doge dal 991 alla morte. Nel 976 Pietro I° ascese al trono ducale, ma dopo soli due anni lasciò la carica per ritirarsi come eremita nell’abbazia di San Michele di Cuxa, nel sud della Francia. Nel 1731 fu proclamato santo dalla Chiesa cattolica e la sua commemorazione è il 10 di gennaio. La moglie Felicita è compresa in un elenco di beati veneziani, benché non sia stata proclamata dalla Chiesa.

Il bacino Orseolo fu così intitolato in memoria al doge Pietro I° che fondò un ospizio che ebbe sede prima in piazza San Marco, e che nel 1581 venne trasferito nell’omonimo bacino.

I veneziani, le bizantine e la bolla d’oro

A seguito della cacciata dei saraceni dall’emirato di Bari, dove i veneziani diedero manforte ai bizantini, si decise il fidanzamento dell’erede del doge con la principessa di Costantinopoli. Nel 1002 il Doge Pietro II° Orseolo nominò correggente suo figlio Giovanni, il quale nel 1004 partì per Costantinopoli per sposare la greca Maria, figlia del principe bizantino Argiro e nipote dell’imperatore Basilio II° detto il Bulgaroctono, ossia il massacratore di Bulgari. Il matrimonio servì a rinvigorire l’alleanza tra i bizantini e i veneziani.

Pietro II° Orseolo

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Domenico Tintoretto – Ritratto Dei Dogi Pietro Orseolo II e Ottone Orseolo

Pietro II° fu un grande stratega, nel 991 ottenne Costantinopoli la firma della Bolla d’Oro dagli imperatori bizantini Basilio e Costantino, patto che favorì il transito marittimo ed il commercio veneziano. La Bolla d’Oro o Crisobolla, era un documento con impresso un sigillo aureo, emanato dalla cancelleria dell’imperatore bizantino. Sempre nel 991, strinse amicizia con Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero, che a Verona fece da padrino per la cresima di un altro suo figlio, chiamato Ottone proprio in onore del sovrano.

Il banchetto

Venezia era in festa per il matrimonio di Giovanni con la principessa Maria. Allo scambio degli anelli avvenuto a Costantinopoli, seguì nella città lagunare un fastoso banchetto dove tutti mangiarono con le mani e brindarono agli sposi. Fu grande la sorpresa quando la giovane principessa estrasse da una custodia una forchetta d’oro a due rebbi e la utilizzò per portare il cibo alla bocca.

Questo utensile era già diffuso tra i benestanti bizantini, ma a Venezia suscitò scandalo e fu severamente disapprovato anche dal clero, il quale etichettò come peccaminoso l’uso del “piron”. Ma la verità è che i rapporti tra la chiesa e il mondo bizantino non erano dei migliori e le tensioni sarebbero poi culminate con il Grande Scisma del 1054 tra la chiesa di Roma e quella ortodossa.

Le speranze riposte da Pietro II° sull’erede svanirono nel 1007 quando Giovanni, la moglie e il figlioletto Basilio morirono vittime di una pestilenza. I loro corpi furono tumulati nella stessa tomba nella chiesa di San Zaccaria e la carica di coreggente fu assunta dal fratello Ottone. Grazie anche all’associazione del “piron” al demonio, ci vollero quasi altri cinque secoli prima che la forchetta diventasse di uso comune.

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Antiche posate con manici in avorio

Le tre dita regali

Anche Theodora Anna Doukaina, un’altra principessa bizantina, sorella dell’imperatore Michele VII e moglie del Doge Domenico Silvio, nel 1071 utilizzò la forchetta il giorno del suo matrimonio, ma anche in questo caso ci fu la disapprovazione. Anna Teodora per conquistare i veneziani insegnò alle dame i segreti del trucco e una danza bizantina, ma la cattiva fama per l’episodio della forchetta ne ebbe la meglio.

La chiesa giudicò la forchetta come un diabolico strumento di mollezza e perversione ed il comportamento di Teodora venne descritto come peccaminoso. Quando la principessa, morì dopo una tormentata agonia per una cancrena, tutti videro nella sua fine una punizione divina. L’uso della nuova posata si affermò un po’ alla volta, mentre ancora si seguiva l’etichetta di usare le tre dita regali per pescare il cibo dai piatti. Nel 1700 le autorità ecclesiastiche riconsiderarono la dibattuta questione dell’infernale strumento, ancora interdetto fra le mura dei conventi.

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Particolare dalle Nozze di Cana di Paolo Veronese

La forchetta a quattro rebbi

Le moderne forchette cominciarono a diffondersi nel Regno di Napoli, pare infatti che per agevolare la presa dei “fili di pasta”, il ciambellano di re Ferdinando IV di Borbone tale Gennaro Spadaccini, abbia portato a quattro i rebbi della posata.

La forchetta, ovvero il diabolico attrezzo di peccato e perdizione ultima modifica: 2018-11-29T12:31:39+01:00 da Franco Corè
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La forchetta, ovvero il diabolico attrezzo di peccato e perdizione
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