Un 8 marzo in ricordo di Luciana Boccardi, cronista veneziana della moda

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Un 8 marzo in ricordo di Luciana Boccardi, la più famosa cronista veneziana della moda

Luciana Boccardi giovane

Ci ha lasciato da due mesi fa, ma nei ricordi di chi l’ha conosciuta, Luciana Boccardi, è ancora presente. Nata a Venezia il 2 ottobre 1932 e morta all’ospedale San Giovanni e Paolo il 13 gennaio scorso, all’età di quasi 90 anni, è stata per decenni un punto di riferimento per chi si occupa di costume e moda. Per ricordarla l’amica Cathia Vigato dell’Uaar di Venezia, in occasione della Giornata internazionale della Donna, ha voluto commemorarla con un evento al centro culturale Candiani di Mestre.
Ne è nata una sorta di intervista immaginaria (dove Luciana “parlava” attraverso la voce di Mariateresa Crisigiovanni) nella quale si è cercato di non “metterle in bocca” parole che non ha pronunciato in vita, in quanto le risposte alle domande sono tutte tratte da testi da lei scritti e pubblicati. Ossia dai libri di Luciana Boccardi “La signorina Crovato” e “Dentro la vita” (entrambi Fazi editore) e da un’intervista sul settimanale Il Venerdì di Repubblica.

Le copertine degli ultimi due libri di Luciana Boccardi
I due libri dai quali sono tratte le risposte alle domande di quest’jntervista

Luciana, negli ultimi due anni hai pubblicato ben due libri autobiografici, come mai?

C’era una volta, sì, come in una fiaba, la presenza fantasmatica, mitizzata, del mio nonno paterno. Ogni tanto qualcuno mi chiedeva se fossi parente del famoso tenore Gianni Masin Crovato. “E’ mio nonno”, rispondevo orgogliosa. In ogni caso roba d’antan, visto che quando avevo dieci anni ne erano già passati quasi trenta dalla morte di quel nonno sconosciuto divenuto per tutti, e soprattutto per me, una leggenda. Va anche detto che nella mia famiglia, dove per destino spettacolare la notorietà era stata di casa, si è sviluppato -e mi è stato trasmesso- un assoluto non cale per la notorietà, considerata sempre come opportunità e mai come un valore in sé.
Come un Pavarotti dell’epoca, mio nonno trionfò sui palcoscenici di Barcellona, Los Angeles, Mosca! Successi, soldi, felicità, ma verso i quarant’anni la voce cominciò a incrinarsi e la sua salute a denunciare acciacchi che lo portarono alla miseria e alla solitudine, anche familiare. Luigia, mia nonna, era nata in Spagna a Cordova da una madre gitana che ballava il flamenco per i turisti. 

E come ricorda i suoi genitori, Luciana Boccardi?

Mio padre, Raoul Masin Crovato, era il terzo dei quattro figli della nonna gitana e del tenore. Uomo bellissimo, alto, capelli e occhi neri, energico, aperto, ribelle nei confronti di imposizioni e regole, opportunismi. Intraprese la carriera di musicista, diventando professore d’orchestra presso la banda cittadina. A volte veniva chiamato anche nell’orchestra del Teatro La Fenice. Nel 1921 contribuì con l’amico Bordiga alla fondazione del partito Comunista italiano, aveva un senso di giustizia sociale irrinunciabile, unito al rifiuto di qualsiasi – sono parole sue- “istigazione alla trascendenza”, sfociato in un sereno ateismo che gli fu compagno fino alla fine.
Marcella Salvadori, mia madre, il papà la conobbe in occasione di una festina, organizzata da un istituto di suore. Marcella era bellissima, una delle più belle donne della città. Lineamenti perfetti, capelli castano biondi, occhi azzurri, labbra ben disegnate, alta, il corpo slanciato e sinuoso. Bella, elegante, dolcissima. 

La tua famiglia era composta in gran parte da artisti e musicisti, quindi possiamo dire che l’arte, la bellezza e lo spettacolo siano nel tuo Dna?

Sono cresciuta all’ombra del cinema teatro Imperiale, dove lavorava papà. Alla domenica, per lo spettacolo del pomeriggio, che aveva come pubblico molte mamme e bambini, io diventavo una delle star, esibendomi in “Pippetto Stroppolo”. Avevo tre anni. Per il cinema serale, papà decideva tre o quattro melodie tra le più note. I toni in maggiore si addicevano alle conquiste, alla cavalcata dell’eroe di turno. Il minore, invece era d’obbligo nei momenti di suspence, nelle scene tristi o d’amore proibito, o come presagio di sventure (temporali compresi).
Tante volte, più avanti negli anni, nel corso delle sue personalissime lezioni di musica, per insegnarmi l’importanza dei toni maggiore e minore, diesis e bemolle, mio padre ebbe modo di ripetermi che “la vera colonna sonora della vita è l’armonia, ma il ritmo è la vita”. E in casa nostra, quando una giornata si metteva male i miei commentavano sempre: “Oggi, giornata in bemolle”.

Boccardi Premio
Luciana riceve un premio alla carriera nel 2017 a Matera

Il quotidiano Il Foglio ti ha paragonata addirittura ad un personaggio dei cartoni come Heidi. Hai qualche ricordo che riguarda la campagna, negli anni della tua infanzia?

Sì, tanti ricordi. Il pomeriggio della mia partenza per la campagna dopo la disgrazia vennero le amiche della nonna Salvadori. “E con i soldi?” era la domanda più condivisa.“ Un disastro”, rispondeva la nonna. “E lei?”, chiedevano alludendo a me: “Povera bambina” .
“Persino il peggio potrebbe essere il meglio! Perché se suo padre resta vivo, chissà in quali condizioni dovrà campare… Quasi sarebbe meglio non soffrisse più!” Meglio morto, insomma: questi i discorsi su mio padre che ricordo prima di partire in campagna, dove poi rimasi tre anni ospitata da varie famiglie, perchè i miei non avevano più la possibilità economica di farmi crescere.

La tua lunghissima vita lavorativa è iniziata molto presto, è così Luciana? 

Già, tornata a Venezia, a sei anni, ero dovuta crescere in fretta. Ho fatto dei lavoretti, quello in panificio mi è il più caro con l’odore del pane e la bilancia dove appoggiando le ciope, i brutti, sentivo la musica… Compiuti 13 anni, un amico di papà mi trovò lavoro in una ditta. Io dovevo sommare gli importi di foglietti verdi e rosa. Io e Sandro, il giovane magazziniere, con i foglietti dei conti recuperati dal cestino, avevamo costruito 780 barchette, che insieme, quando fui licenziata, regalammo all’acqua del canale in un sabato di Pasqua. Fu una regata mitica.
Poi feci la commessa al Lido per vendere pizzi, tovaglie e ricami ai turisti. Intanto la mia amica Titti mi aveva procurato una vecchia macchina da scrivere Remington; feci pratica copiando vecchi Gazzettini. Ormai avevo sedici anni, cominciai a entrare in tutti i negozi, a suonare i campanelli di tutte le ditte. In una  mi fecero provare a battere a macchina e ruppi il muro del suono! “Bravissima! Dove ha imparato?” chiese il principale. “A Parigi”, risposi mentendo. 

In seguito arriva il lavoro alla Biennale, l’organizzazione di importanti eventi di musica e teatro. Cosa ricordi con più soddisfazione di quel periodo, che ti ha portato a viaggiare e ad essere apprezzata anche fuori dall’Italia?

Sono atea, ma quando mi assunsero alla Biennale lo presi per un miracolo e andai a ringraziare donando il sangue all’Ospedale Civile. Mi assegnarono alla sezione musica e teatro, dove conobbi tanti artisti. Curzio Malaparte? Insopportabile. Affetto da complesso di superiorità. Sembrava che fosse cresciuto tra le capre. Luchino Visconti? Un conte del cavolo… A Venezia allestì La Locandiera di Goldoni. Un giorno gli portai, per farle approvare, le foto di scena, lui interruppe la lettura dell’Unità, non mi degnò di un saluto, né di uno sguardo, poi prese a sfogliare le immagini stracciandole una ad una e buttando i pezzi per terra. Gli dissi: Spero che provvederà lei a far raccogliere la spazzatura.

Boccardi Radio
Foto negli studi della Rai di Venezia: a sinistra Luciana Boccardi; il secondo da destra è il marito Virgilio

Negli anni passati  ti vedevo arrivare alle assemblee dell’Ordine dei Giornalisti a braccetto con tuo marito, Virgilio Boccardi, storico giornalista della sede regionale della Rai del Veneto. Chi era per te Virgilio?

“Senti Luciana”, mi disse una volta Virgilio, io avrei un’idea”. E’ una proposta di matrimonio. Noi due stiamo bene insieme, ci divertiamo, lavoriamo fianco a fianco, ci scambiamo opinioni e dubbi: quindi di fatto siamo una coppia. Allora ti propongo un patto di amicizia, che prevede la convivenza, con tutti i rispetti dovuti. Una volta si facevano i matrimoni di interesse, no? Noi vivremo nella stessa casa continuando ad essere soltanto amici e poi… si vedrà. Se capiamo che non regge ci separiamo. Lo fanno anche quelli che si sposano per amore: quindi qual è il problema?” Il giorno delle nozze con il vestito bianco e in testa un’acconciatura punteggiata di roselline bianche, avanzai verso l’altare. Una magnifica scena di teatro.

Sei stata sempre anticonformista e modernista, ti definiresti una femminista in prima linea e come hai vissuto il cambiamento dei ruoli delle donne?

Io sono femminista, ho lavorato per l’emancipazione della donna. Negli anni settanta ho anche creato a Venezia il mensile Il Femminile. Affermo però che il femminismo da aperitivo di oggi, quelle poetiche idiozie delle scarpette rosse o le puntualizzazioni sulle desinenze, ci allontanano dall’obiettivo, perché la vera parità si può raggiungere solo lavorando con la parte evoluta del mondo maschile. Basta con le panchine rosa, le scarpette rosse, i braccialetti rosa o i muri di bambole, basta considerare le donne deboli, indifese, deresponsabilizzate, ‘vittime designate’.
Il femminismo dei nostri giorni imita male quello vecchio. Alcune cose non le ho comunque mai condivise: sono contraria all’aborto. Bisogna avere coraggio ma essere responsabili, per questo dico no all’aborto indiscriminato, l’aborto va bene solo se la donna è in pericolo di vita.

Vorrei porre infine a Luciana Boccardi un’altra domanda che riguarda la bellezza: Venezia, la tua città, cosa rappresenta per te?

La postfazione del libro Burlesque è una denuncia. E anche un sogno. La denuncia del misfatto: aver fuso, nel 1926, in un unico comune Venezia e Mestre. Il sogno: una soluzione ancora possibile, la speranza che i cittadini del mondo – del quale Venezia è patrimonio comune- formino un gruppo di intervento culturale per riportarla al ruolo di città-Stato, direttamente collegata con l’Europa e libera di amministrarsi, con statuto di città speciale, come Berlino, Brema, Amburgo. Per non morire. Utopia? Ma non è forse il prodotto di un’utopia l’esistenza magica di una città che da oltre mille anni galleggia sull’acqua?

La scelta dei brani citati nell’intervista a Luciana Boccardi è a cura di Cathia Vigato.

Un 8 marzo in ricordo di Luciana Boccardi, la più famosa cronista veneziana della moda ultima modifica: 2022-03-12T08:35:00+01:00 da Gigi Fincato

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