L’alpin de Mestre
L’avventura per Francesco Calmasini, nella Grande guerra, inizia ufficialmente in una serena e ancora calda giornata di fine estate del 1915. Gli arriva la chiamata per il servizio militare. Ai primi di dicembre dovrà presentarsi alla caserma di Conegliano per l’addestramento. E’ l’incipit del libro “1915-1918 Dove sei stato mio bell’alpino – diario di un mestrino al fronte e della sua città in guerra”, edito da La Toletta, pubblicato di recente da Umberto Zane.
Cinquantanovenne mestrino, giornalista da oltre quarant’anni, ha svolto la sua attività in radio e tv locali, quotidiani locali e nazionali, periodici. Ma anche agenzie di stampa, società sportive (è anche allenatore di calcio giovanile), nonché riviste specializzate di cinema. Ha scritto e pubblicato diversi libri, come “Me ricordo de Carpenedo, del 2004. “Un ruggito lungo un secolo”, 2007. “Immagini e storia del calcio a Venezia”, sempre del 2007. Ha curato a Venezia il “Museo virtuale della Regata storica”. È ideatore e autore dei docufilm storici “La Resistenza a Venezia ieri e oggi”, “Erminio Ferretto”, “Una storia al Centro”. Ha coordinate le mostre, promosse dal Comune di Venezia: “Cento anni di calcio”, “Storie di remi e campioni”, “Cento anni dello stadio Penzo”.
Umberto Zane, intanto come è nata l’idea di scrivere un libro così particolare?
E’ una storia davvero da raccontare. Da tempo meditavo di scrivere qualcosa sulla prima guerra mondiale a Mestre, ma non avevo però trovato uno spunto davvero interessante ed il progetto si era di fatto arenato. Nell’estate del 2017 ho conosciuto per caso in Alpago, una simpatica coppia di ottantenni, Pericle e Fernanda, originari di Mestre. Ai primi di gennaio del 2018 Pericle mi ha fatto per caso vedere un manoscritto, che aveva realizzato sulla base dei diari di guerra del padre. Diari che si era preso la briga di riscrivere in un computer, impiegando alcuni anni. Sperava di pubblicare questo suo lavoro, ma un giornalista del luogo lo aveva decisamente bocciato. Allora me ne sono occupato io, riscrivendolo tutto.
Che tipo di lavoro storiografico e non hai dovuto affrontare e quanto ti ci è voluto?
Ho scelto le parti più significative del diario e le ho poi “legate”, spiegando i fatti storici a cui erano riferite. Il protagonista, come alpino artigliere, ha partecipato a tutte le campagne più significative: dalla Strafexpedition a due battaglie dell’Isonzo, alla rotta di Caporetto, per arrivare alla battaglia di Vittorio Veneto. Ma in parallelo ho raccontato anche che cosa succedeva a Mestre in quegli anni, immediatamente prima, durante, e dopo la guerra: la città ha infatti partecipato in maniera molto attiva alla guerra, molto più di quanto non si creda. Il tutto a tempo di record: pochi mesi… una sorta di “instant book”, ma scritto un secolo dopo.
A proposito di “mestrinità”, qual è la tua opinione circa l’infinito dibattito sulla ricostituzione del Comune di Terraferma e come vedi il futuro di Mestre?
Non so se Mestre e i mestrini siano davvero pronti alla nascita di un Comune autonomo, che comunque mi vedrebbe favorevole. Nella “città di Terraferma” esistono ancora troppe “anime”, che non si riconoscono tutte in una “grande Mestre”. Ci sono gli abitanti di Favaro, di Chirignago, di Zelarino, di Marghera. Io stesso, che abito a Carpenedo, quando devo andare in centro, dico ancora ai miei famigliari “vado a Mestre”, e questo, mezzo secolo fa, lo dicevano a me mio padre e i miei zii.
Infine su quali altri progetti stai lavorando per l’anno che sta arrivando?
Mi piacerebbe continuare la storia di Carpenedo (e Mestre) che ho iniziato dieci anni fa con “Me ricordo de Carpenedo”, in cui trattavo i vari aspetti della vita del borgo tra le due guerre mondiali, con l’aiuto delle testimonianze dirette di chi li aveva vissuti. Per questo nuovo libro mi servono però nuovi testimoni (con documenti e foto). Avrei individuato anche una fonte davvero inedita e importante, rappresentata dai “giornali di classe” scritti dai maestri tra gli anni Trenta e Cinquanta, ma sembra sia un’impresa impossibile accedere all’archivio della scuola elementare “Toti”, che conserva anche i documenti riguardanti la “De Amicis”.