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Le galee, ovvero gli squali dell’arsenale

galee Arsenale

L’arsenale di Venezia

L’arsenale di Venezia è una struttura quasi millenaria, ex cantiere navale con una incredibile capacità produttiva. Quella che fu la fabbrica più grande del mondo, era in grado di varare fino a tre galee al giorno, dando lavoro a migliaia tra marangoni, segadori, fondidori, armadori, calafatti e cordaroli.

galee arsenale

Una stampa dell’epoca

                                                                                                 

Gli arsenalotti erano dei raffinati costruttori e dai loro reparti uscivano galee, galeazze, galeoni, cocche, peate, rascone e non per ultimo il mitico bucintoro. Il sito fu più volte ampliato o ricostruito, anche a causa di alcune devastanti esplosioni delle polveriere, che fecero più volte tremare l’intera Venezia.

Le galee veneziane, ovvero gli squali del Mediterraneo

galee arsenale

Dionisio in un’imbarcazione con le sembianze di un pesce

Il loro nome deriva dal greco γαλέoς (galeos), cioè “squalo“, proprio per la loro forma affusolata. A prua portavano un rostro metallico che serviva per speronare ed agganciare le navi avversarie, in seguito sostituito da pezzi di artiglieria. Di galee ne vennero prodotte essenzialmente in due versioni, le “grosse” adatte per il commercio e le “sottili” impiegate come navi belliche. Lunghe circa 37 metri, solcavano il Mediterraneo spinte dalla forza dei remi lunghi circa 10 metri e dal vento.

Intorno al 1500, i veneziani sperimentarono la remata a “scaloccio” dove fino a cinque rematori dallo stesso banco, manovravano lo stesso remo. Questo metodo divenne alternativo alla voga sensile, dove per ogni banco fino a tre rematori manovravano ognuno un proprio remo di differenti lunghezze. L’equipaggio di una galea poteva contare anche di qualche centinaia di uomini, tra marinai, soldati e rematori. Ma soltanto nelle parate o durante le battaglie, s’impiegava la totalità dei galeotti, normalmente si remava con la metà o i due terzi degli uomini e con turni di un’ora e mezza.

galee Arsenale

Caspar Van Wittel, “Vista del bacino di San Marco”

Durante la navigazione, essendo i banchi dei vogatori sempre allo scoperto, veniva teso un lungo telo (il tiemo) da poppa fino a prua. I rematori potevano essere uomini liberi stipendiati, reclutati per sorteggio in caso di guerra, ma anche prigionieri condannati ad un certo numero di anni al remo; dal termine galea deriva infatti il termine galera e galeotto.

Duri i banchi vecio!

Il modo di dire veneziano “Duri i banchi” significa “tener duro”, “andare avanti” nonostante ogni difficoltà. Il significato originale arriva dal tempo della Serenissima, quando a bordo delle galee si ordinava lo speronamento di altre imbarcazioni. Ai rematori veniva intimato il “Duri i banchi!” affinché questi potessero rimanere saldamente ancorati alle panche (i banchi).

Le due Amerigo Vespucci

Con la caduta della Serenissima, per mano di Napoleone, alcune attività dell’arsenale cessarono di esistere e il Bucintoro venne spogliato di ogni arredo, l’oro che lo rivestiva venne fuso in lingotti e portato in Francia. L’arsenale continuò l’attività cantieristica, abbandonando via via il legno per dedicarsi alle strutture in metallo.

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La nave Amerigo Vespucci a Venezia

L’attuale Nave Scuola Amerigo Vespucci fu costruita presso il Regio Cantiere Navale di Castellamare di Stabia (NA) e varata nel 1931.  Ma esiste una precedente Amerigo Vespucci, un incrociatore con lo scafo in acciaio e tre alberi, costruito nell’Arsenale di Venezia e varato il 31 luglio 1882. L’ultimo Comandante fu il Capitano di Fregata Augusto Radicati di Marmorito, lo stesso che divenne poi il primo Comandante dell’attuale Nave Scuola Amerigo Vespucci.

Le galee, ovvero gli squali dell’arsenale ultima modifica: 2018-09-12T19:29:13+02:00 da Franco Corè
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Le galee, gli squali dell'arsenale
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Il loro nome deriva dal greco γαλέoς (galeos), cioè "squalo", proprio per la loro forma affusolata. L'arsenale di Venezia, quella che fu la fabbrica più grande del mondo, era in grado di varare fino a tre galee al giorno, dando lavoro a migliaia tra marangoni, segadori, fondidori, armadori, calafatti e cordaroli.

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