La Serenissima, una lezione di buon governo per evitare sprechi e lusso

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STORIA, ARTE E CULTURA

La Serenissima, una lezione di buon governo per evitare sprechi e lusso

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Liberarsi degli uffici inutili, evitare guerre, scemare le spese superflue, ben amministrare piuttosto che ampliare, governare con saggezza. Il fine era quello fine di portare utili al pubblico erario. La spending-review era già in uso molte centinaia di anni fa nella Serenissima Repubblica. Ma anche il privato era disciplinato e controllato. Lo sfarzo eccessivo delle famiglie patrizie era aumentato a dismisura, col rischio di minare le barriere fra classi ed appartenenze sociali. Non per ultimo, si intendeva evitare il contrasto con la moralità invocata dalla Chiesa.

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Incontro con il doge nella loggia del palazzo ducale (Hayez)

Il provveditore alle pompe nel governo della Serenissima

Nel 1514 la Serenissima istituì una magistratura chiamata “Provveditori delle pompe e leggi suntuarie”, formata da tre patrizi e da due “Sopraprovveditori”. Lo scopo era il contenimento dell’uso di oggetti preziosi e di lusso e dello sfoggio degli stessi.

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Testo dei provveditori sopra le pompe

Questa magistratura, che seguiva analoghe iniziative nate fin dal 13° secolo, doveva imporre comportamenti morigerati nelle persone di qualsiasi classe sociale, per evitare l’eccessivo lusso che comprometteva i patrimoni e induceva il popolo a contrarre debiti per emulare i comportamenti di chi poteva permettersi l’acquisto di tali preziosi ornamenti.

Lo sfarzo eccessivo delle famiglie patrizie veneziane, e non solo, era aumentato a dismisura col rischio di minare le barriere fra classi ed appartenenze sociali ed entrare in contrasto con la moralità invocata dalla Chiesa, tradizionalmente contro “le fantastiche stravaganze della moda”.

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Francesco Guardi – Palazzo Ducale

Le cassi sociali

Le classi sociali veneziane comprendevano:

I Patrizi

Era la casta a cui era riservato il governo della cosa pubblica (il titolo era di N.H. Nobil Homo, assieme alla variante N.D. Nobildonna).

I Cittadini

Originari. Ossia le casate storiche che godevano di speciali privilegi ma dovevano avere requisiti particolari come quello di essere nati a Venezia, discendere da padre e da nonno Veneziano e non aver mai esercitato un’arte meccanica. Potevano accedere ad importanti cariche come quella di Cancellier Grande, quella di appartenere all’Ordine dei Segretari ecc.

I Popolani

Era il resto della cittadinanza veneziana.

A queste classi andrebbero aggiunti anche i foresti, compresi anche i nipoti dei papi.

Pur essendo Venezia una città libera, ricca e più clemente delle altre, anch’essa si dotò di leggi suntuarie e di apposite commissioni atte a reprimere le pompe, i fasti e i lussi eccessivi. Le leggi suntuarie produssero molte regole atte a prescrivere il genere di vesti da usare e quelli da cui astenersi, vennero regolamentate le spese che si potevano fare per le gondole, per le camere da letto, per i banchetti, i funerali, ecc… Nera doveva essere la veste dei patrizi, nere le toghe degli avvocati e dei medici, neri i domino (veli per viso) e le cappe usate dalle nobildonne e dai ministri forensi e numerosi paramenti per le feste. Sempre il Magistrato delle Pompe, impose che tutte le gondole fossero dipinte di nero, compreso il felze o le altre coperture. I dispositivi legislativi limitarono il lusso nella moda maschile e femminile ed obbligarono determinati gruppi sociali ad indossare segni distintivi.

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Paolo Veronese – Ritratto di donna veneziana

Il provveditore sopra le pompe delle donne

Un’apposita magistratura, i “Provedadori sora le Pompe de le Donne”, venne istituita il 17 novembre 1476 per controllare e limitare il lusso nelle donne. Non dovevano usare abiti in seta, trecce e vesti con lo strascico, oro o argento o perle in testa, le maniche non dovevano essere troppo lunghe ed avere su di esse le perle. Era vietato anche l’uso di gioielli al collo. Dovevano essere castigati i padri per le figliole disobbedienti, i mariti per le mogli, e se il reo fosse stato nobile, ne avrebbero pubblicato la colpa nelle adunanze del Consiglio Maggiore.

Esistevano guardie delegate al controllo delle disposizioni emanate, che a volte potevano entrare nelle case, raccogliere le lettere dalle bocche di leone e raccogliere le denunce dirette premiando il denunciante. Le reazioni delle donne, bersaglio preferito dei legislatori, furono a volte di esplicita protesta, a volte di furbi accomodamenti, come quando nascondevano lo strascico con spille per poi scioglierlo alla prima occasione favorevole.

Le proteste femminili non mancavano, si narra che nel 1499, alcune nobili veronesi fecero apporre sui muri scritte ingiuriose del tipo:

Bechi fotui no vedè quelo che gavè in casa.

Le cortigiane

Non sempre si applicavano le sole multe ai trasgressori, ma si poteva arrivare al sequestro dell’oggetto incriminato, alla prigione o perfino all’esilio, minacciando i sarti colpevoli di produrre capi vietati ed allontanandoli perpetuamente dalla città. In quanto all’efficacia di queste proibizioni sembra fosse assai scarsa, visto anche il fatto che le leggi venivano reiterate nel tempo e che le botteghe artigiane continuavano a produrre indumenti vietati. Non per ultime furono colpite le prostitute, non quelle di basso rango che non avevano un vestiario uniforme data la loro bassa disponibilità economica, e che usavano un abbigliamento “piuttosto al virile”, come giubboni di tela, camicie e braghe da uomo.

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Ritratto di Cortigiana

Le prostitute, definite “Cortigiane Honeste” avevano lunghe pompose gonne di raso ed erano spesso seguite da dei paggetti (nel 1509 furono contate 11.164 cortigiane). Erano invidiate perfino dalle nobildonne, i loro abiti erano elegantissimi, le loro chiome biondo-rossastro. Spesso e volentieri potevano dimenticarsi di sfoggiare i fazzoletti da collo gialli imposti delle leggi suntuarie veneziane per le prostitute. Il 23 settembre del 1598, fu emanata una legge che riportava:

L’andar fuori di casa con fazziol bianco di seta, essendo abito-particolare delle fanciulle oneste da maritar o monacar, tal fazzolo sia proibito alle meritrici.

Gli scansadori

Furono istituiti provvisoriamente, nel 1546, con il titolo di provveditori e revisori sopra la scansazione (l’evitare) e regolazione delle spese superflue. Vennero trasformati in magistratura nel 1576, con parte del senato 22 ott., approvata il 28 dal maggior consiglio. Dovevano ridurre di numero le cariche di ministero, profittando della vacanza di molte di esse a causa della peste.

Divennero magistrato definitivo nel 1587 (26 sett., senato; 27 sett., maggior consiglio). In quanto organo non gravato da troppi compiti, furono giudici delegati della signoria in cause civili della città e Terraferma. Il 14 ag. 1754 vennero incaricati dal senato del controllo e supervisione sui monti di pietà dello Stato.

Il compito degli “Scansadori” era preciso: Individuare le cariche inutili, le spese ingiustificate, le poltrone e gli stipendi che non avevano senso, per eliminarli. Il fine era guadagnare economia ed efficienza. Dove proprio non si poteva abolire, gli scansadori proponevano delle soluzioni più razionali, più efficienti e più economiche.

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Regolamento degli scansadori

I quaderni degli scansadori

Tutto veniva verbalizzato in appositi quaderni. Di seguito alcune annotazioni: “Restituiti li Ducati 670. V.C. a chi acquistò la Scrivania del Quinto perché in fresca età l’acquirente”. “Abolita la Carica di Lino nell’Offizio stesso”. “Il Magistrato de’ Scansadori esamini il numero, e la qualità delle Cariche de’ Ministri della Dominante con dividerli nelle varie loro Cattegorie, dando la prelazione alle più importanti per conoscere le utilità che vengono conseguite dai Ministri se leggitime, o arbitrarie, come pure gli assegnamenti, e i  Salari per suggerire a sollievo della pubblica Cassa quelle scansazioni, e rispettive Regolazioni, che fossero riputate di Equità, e Convenienza”.

Foto di copertina tratta dal film “Marie Antoinette” del 2006.

La Serenissima, una lezione di buon governo per evitare sprechi e lusso ultima modifica: 2018-07-09T14:06:28+02:00 da Franco Corè
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La Serenissima Repubblica - Le Magistrature delle Pompe e degli Scansadori
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La Serenissima Repubblica - Le Magistrature delle Pompe e degli Scansadori
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Liberarsi degli uffici inutili, evitare guerre, scemare le spese superflue degli uffici pubblici, ben amministrare piuttosto che ampliare. Il fine era quello fine di portare utili al pubblico erario. La spending-review era già in uso nella Serenissima Repubblica. Ma anche il privato era disciplinato e controllato: Lo sfarzo eccessivo delle famiglie patrizie era aumentato a dismisura.
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