Nathalie Béasse alla Biennale Teatro - itVenezia

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STORIA, ARTE E CULTURA

Nathalie Béasse alla Biennale Teatro

Nathalie

Nathalie Béasse è la prima regista di cui ho avuto il piacere di incontrare il lavoro al Teatro Piccolo Arsenale. Nata ad Angers (Francia), classe 1971, ha una formazione pluridisciplinare legata alla sperimentazione del mondo delle arti plastiche e delle arti performative. Il retaggio della sua formazione artistica si evidenzia nell’attenzione al teatro come materia manipolabile, vettore di sensazioni e immagini, in uno slittamento continuo tra reale e immaginario. Il primo spettacolo è Happy Child. Dal punto di vista cronologico è il primo spettacolo (2008) e, dice Federico Bellini, racconta di una sorta di riunione familiare tra cinque personaggi. Cinque fratelli che cercano di ricostruire un’intimità dopo una lunga separazione.

Nathalie

Nathalie Béasse

Happy Child

La scena è bianca, tutto bianco, sedie bianche, fondale bianco, pianoforte bianco, sacchi bianchi (sacchi? eh sì, sacchi). I cinque personaggi sembrano ritrovarsi dopo molto tempo. Giocano, ballano cantano, suonano, litigano, a volte per scherzo a volte davvero. Si ha l’impressione di aver di fronte dei bambini felici. Immersi in uno scenario bianco che rappresenta sì un grande silenzio ma anche una grande luce. Ogni luce ha le sue ombre che compaiono a tratti e sono proprio queste ombre ad accompagnare tutto lo spettacolo. I “bambini” sembrano felici ma non lo sono mai completamente, un’ombra compare sempre a gettare irrequietudine sulla fanciullezza e su quanto accaduto a questi adulti quando erano bambini. Le immagini si susseguono con un vari livelli di potenza e raccontano tante storie in un’unica grande.

Nathalie

Happy Child ©WILFRIED THIERRY

Nathalie Béasse, una produzione francese

Il primo pensiero è “perché?” Nathalie ha fatto un lavoro del genere? A quale scopo un ragionamento sull’infanzia e sui lati oscuri che nasconde e che si ripercuotono sull’esistenza di un essere umano? Non è forse questo il periodo in cui il teatro parla di immigrazione, di diritti civili, di crisi, di nuove povertà, di resistenze? Da noi. La soluzione è semplice.

Happy Child vede tra i suoi produttori il Ministero della Cultura e dell’Educazione, il Dipartimento Marna e Loira, il Consiglio regionale della Loira e la Città di Angers. Il supporto istituzionale è importantissimo per la produzione di uno spettacolo in Francia e per il lavoro dell’attore, del regista, del tecnico. 

La risposta viene dalla stessa Nathalie, quando parla del sistema francese. Le viene chiesto di commentare le parole: donna, moglie, madre, regista.

«La Francia ha una politica culturale abbastanza unica grazie allo statuto di lavoratore occasionale dello spettacolo e alla vasta rete di teatri e strutture culturali che bisogna continuare a difendere. Come per un uomo, un marito, un padre, un regista, tutti questi aspetti si intrecciano, si rivelano, si arricchiscono l’un l’altro. L’importante è poter vivere e realizzarsi in tutti questi ruoli». 

Una situazione sociale diversa, anche se con alcuni problemi comuni con il nostro Paese, permette (e dà il piacere di) di poter di ragionare anche su tematiche sociali più lievi. Alcuni, uscendo dal teatro, si sono chiesti “perché”? Io per primo, poi ho letto da chi fosse prodotto lo spettacolo e ho trovato le mie risposte.

Alla Biennale siamo grati perché ci apre gli occhi non solo sui percorsi di registe provenienti da scuole di pensiero diverse da quelle diffuse in Italia ma anche perché ci permette di capire come funzioni all’estero il mercato del teatro, la produzione e cosa muova la spinta creativa che sta all’origine di tutto.

Nathalie Béasse alla Biennale Teatro ultima modifica: 2017-08-03T09:44:42+02:00 da David Angeli

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