Dal 1497 due pastori coperti da un succinto vello di ovino scandiscono le ore dalla torre dell’orologio di piazza San Marco. Le due statue alte ben 2 metri e settanta, chiamate i “do mori” per la loro pattina di ossido di bronzo, scandiscono in differita le ore.
I due pastori che segnano il tempo di Venezia
Il vecchio barbuto inizia a suonare qualche minuto prima dell’ora esatta. Rappresenta il tempo passato. Il giovane invece, batte la campana subito dopo l’ora esatta. Rappresenta il futuro. A mezzogiorno e a mezzanotte due martelli supplementari, non visibili da piazza San Marco, danno una mano ai due mori ad aumentare il numero dei rintocchi. Un’altra campana di dimensioni ridotte ora non più esistente, veniva suonata da due piccoli martelli. Lo scopo era quello di richiamare l’attenzione della gente al fatto che di lì a poco i due Mori avrebbero battuto le ore. I due Mori fanno parte del complesso meccanismo dell’orologio astronomico della torre. Il sistema comprende due orologi a lancette, uno digitale, un carillon e i re magi. È stato più volte restaurato perdendo anche parte delle sue originarie funzioni.
Un po’ di storia
I mori e la campana furono fusi da Ambrogio delle Ancore. La leggenda racconta che la Serenissima fece strappare gli occhi al costruttore di questo orologio per impedirgli di replicare altrove una simile meraviglia. In realtà non fu così. Infatti Gian Carlo Ranieri verrà incaricato dalla stessa Repubblica di occuparsi della manutenzione dell’orologio. Una curiosità. Nella “Processione in Piazza San Marco”, tela del 1496 di Gentile Bellini, si può notare che la torre dell’orologio non era ancora stata costruita, mentre è invece visibile nei quadri del Canaletto (1697–1768).
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