Per un incipit ad effetto la si potrebbe definire Beppa Casarin “L’ambasciatrice della tradizione della musica popolare in versione 2.0″. All’anagrafe Giuseppina Casarin, nata nel 1958 a Mirano (Venezia), è nota, apprezzata ed amata ben oltre i confini locali. Ricercatrice e cantante di tradizione orale italiana, impegnata da sempre in vari progetti di teatro e musica, a partire dall’incontro con Luisa Ronchini e Gualtiero Bertelli, con il quale ha fondato la Compagnia delle Acque, protagonista di collaborazioni prestigiose con Moni Ovadia, Gian Antonio Stella e Edoardo Pittalis. Numerosi i progetti teatrali, realizzati in collaborazione con l’artista veneziana Sandra Mangini, e musicali in duo con Simone Cimo Nogarin.
Con il Coro Voci dal Mondo di Mestre, nato nel 2008 a Mestre, realtà culturale multietnica, promuove e sperimenta la “pratica di comunità musicale”, ovvero una modalità facilitatrice di relazione tra le diversità, dove il canto e la musica diventano territorio di incontro e scambio tra persone con età, abilità, provenienze culturali, religiose e linguistiche diverse. Guida dal 2013 il Coro delle Cicale e realizza tra Veneto e Friuli progetti culturali e artistici di comunità, dove il canto di tradizione orale fa da ponte di connessione con il sonoro contemporaneo. Il suo ultimo progetto musicale si intitola “Musica e arte plastica per una comunità inclusiva”, con musiche e canto in movimento, con il coro Voci dal Mondo. Proprio in occasione della recente prova dello spettacolo, al teatro Kolbe di Mestre, l’abbiamo incontrata per venezia.italiani.it.
Intanto cominciamo chiedendo a Beppa Casarin come si sviluppa il suo recente lavoro “Musica e arte plastica per una comunità inclusiva…
È un progetto finanziato da Fondazione Migrantes, che vede la realizzazione di due laboratori, uno di arte plastica, dedicato alla creazione di costumi di diverse tradizioni del mondo e curato dall’artista Concepcion Garcia Sanchez, che è anche la vicepresidente del coro Voci dal Mondo e poi c’è un gruppo di “creativi” dove hanno partecipato ragazzi, migranti, cittadini e iscritti all’associazione Aipd di Mestre, che hanno realizzato dei costumi di varie tradizioni del mondo e che sono proprio quelli utilizzati per la “prova libera”.
Torniamo indietro nel tempo; cosa hanno significato per te esperienze come i Canzonieri popolari?
I Canzonieri hanno insegnato una pratica del canto di tradizione popolare, che contiene un modo di stare insieme, che coinvolge tutte le persone che hanno voglia di avvicinarsi, perchè non è legato ad uno stile preciso di canto, ma la modalità dell’ascolto e dell’azione fra le persone nel canto è quella che adottavano i nostri genitori, nonni e bisnonni quando cantavano insieme.
Quanto è importante oggi continuare queste tradizioni musicali e come si possono tramandare meglio alle nuove generazioni?
Le tradizioni musicali servono perchè ogni canto ci riconduce alle nostre radici, in quanto porta con sè delle storie importanti di vita vissuta e di condizioni che ci portano a questa conoscenza del nostro passato, ma ci portano anche, come i migranti che si avvicinano oggi al coro Voci dal Mondo, la loro tradizione, che è quella orale, che -proprio come nella nostra tradizione- contiene questa modalità di stare insieme, che è legata proprio all’ascolto.
Proprio a proposito dell’esperienza del coro Voci dal Mondo, che è all’insegna della multietnicità, come si fa a far convivere e armonizzare culture musicali diverse tra di loro?
Questa è la bellezza, non è la difficoltà. Le diverse culture ci aprono delle nuove possibilità di essere creativi con la musica, anche nelle nuove produzioni musicali dei giovani. Quindi potrebbe essere una strada che stimola molto le nuove creazioni musicali giovanili, almeno spero che ciò accada.
All’origine dei vostri progetti c’è anche un risvolto sociale, anche con i residenti dell’area della stazione di Mestre; quali sono oggi le difficoltà di impegnarsi nel politico come artista?
Faccio quello che faccio da sempre e quindi mi piace stare insieme alle persone con la musica. Questo è un fatto artistico quando si lavora con la musica; diventa un fatto politico quando la musica comunica e trasmette delle cose forti, che nel nostro caso sono quelle della convivenza possibile tra le diversità, che non è solo quella delle persone che arrivano da terre lontane e cercano un futuro di felicità tra di noi, ma è proprio anche la diversità fra le singole presenze che costruiscono una comunità. Quindi c’è il politico e anche il sociale, perchè le persone si incontrano ed attraverso il canto si relazionano, parlano, convivono e comunicano.
E com’è al giorno d’oggi il comunicare declinato al femminile?
Collaboro tantissimo con le donne che costruiscono progetti legati all’arte e al sociale e anche questo alla fine è un fatto politico.
Infine quali sono i tuoi legami con la città di Venezia e come vedi il cambiamento in atto e il futuro della città lagunare dal suo punto di vista di un’artista?
Sono una campagnola e questo i veneziani me l’hanno sempre detto e continuano ad affermarlo, ma io continuo sempre a prendere dai canti della tradizione veneziana, che sono stati un po’ la mia formazione iniziale molti anni fa e continuano ad essere per me interessanti e materiali da studiare ancora. La città di Venezia è bella, ma ha tutte le sue contraddizioni e le sue difficoltà e mi sento di dire che non voglio rinunciare a pensarla sempre come un luogo di opportunità per tutti.
